Maurizio Cimbali

Un imprenditore di cuore, con l’anima aperta al futuro, umile sul proprio passato, concentrata sul presente. Un imprenditore unico nel suo genere, che incarna i valori di un’azienda che rappresenta un’eccellenza italiana da più di un secolo

È Maurizio Cimbali, presidente di Gruppo Cimbali (a cui appartengono i marchi LaCimbali, Faema, Casadio ed Hemerson) dove le macchine sono nel Dna della famiglia. «Rappresento la terza generazione, ma dietro di me ci sono già i miei figli che hanno un ruolo in azienda».

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Cento anni fa…

Un incontro, quello dei Cimbali con il caffè, cominciato più di cento anni fa quando il nonno Giuseppe aveva una piccola bottega in via Caminadella, nel centro di Milano. E partendo da quella bottega le Cimbali hanno conquistato i banconi dei bar di tutto il mondo. Oggi il quartier generale è a Binasco, alle porte di Milano, dove a fianco degli uffici e dell’officina è sorto il museo MUMAC. «È il nostro fiore all’occhiello» afferma con una punta di soddisfazione Maurizio Cimbali. L’idea di realizzare un museo sulle macchine da caffè è stata della famiglia Cimbali, terza e quarta generazione, per celebrare i primi cento anni dell’azienda.

«Era il 2010 – racconta il presidente – e si era in piena crisi economica. Quando si è trattato di pensare a qualcosa di particolare per festeggiare il centenario ci siamo trovati a scegliere tra realizzare un sogno, il museo, o organizzare un grande evento e abbiamo optato per la prima soluzione, nonostante qualche preoccupazione per l’importante investimento che si andava ad affrontare. L’evento sarebbe rimasto fine a se stesso, mentre il museo sarebbe rimasto per sempre. Così si è proceduto alla costruzione di MUMAC. E la scelta s’è rivelata quanto mai azzeccata: oggi la struttura riveste un ruolo molto importante per il Gruppo».

Una realtà culturale

D’altra parte, di tutti i marchi sul mercato LaCimbali è uno dei pochi che non ha mai cambiato proprietà. «Per questo ci siamo detti che se non lo avessimo realizzato noi, che produciamo macchine da oltre un secolo, il museo non l’avrebbe fatto nessuno». E così, anche con la collaborazione di Enrico Maltoni, la cui ricca collezione rappresenta la maggior parte dei modelli esposti, MUMAC è diventato una realtà culturale, un museo che racconta non solo la storia delle macchine da caffè, ma anche l’evoluzione del costume e della società italiana. Ogni giorno non solo gli stakeholder ma anche studenti, famiglie, ricercatori, tecnici, designers o semplici curiosi raggiungono Binasco, Comune dal quale Maurizio Cimbali, milanese da almeno quattro generazioni, è stato insignito della Chiave della Città per aver investito nel territorio e per i successi del Gruppo che rendono orgogliosa tutta la comunità.

Successi che hanno reso le macchine dei due principali brand del Gruppo, LaCimbali e Faema, un cult del Made in Italy, per tecnologia, innovazione e stile paragonate alla Ferrari. «Non può che farmi piacere – afferma Maurizio Cimbali – è un paragone stimolante ma che ci grava di una responsabilità molto pesante: siamo leader e in quanto tali non possiamo permetterci di sbagliare». E come si fa a non sbagliare? «Si deve lavorare con la testa ma soprattutto col cuore. Per me la componente umana tra i miei collaboratori è fondamentale. È un valore che ho appreso da mio padre e che sto cercando di trasmettere ai miei figli. E quando ti accorgi che ci sei riuscito è una grande soddisfazione».

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Ambasciatore nel mondo

Soddisfazione che Maurizio Cimbali dimostra quando si entusiasma sapendo che nel bar più a Sud del mondo, a Ushuaia, capitale della Terra del Fuoco a pochi chilometri da Capo Horn, servono il caffè preparato con una LaCimbali, o che in Corea del Sud e in Cina l’espresso in tazza piccola sta diventando una delle bevande più trendy, e che in India piano piano stanno imparando ad apprezzarlo.
E l’ambasciatore è solo la macchina, che parla un linguaggio universale per tutta la popolazione mondiale: quello con la caduta del liquido a forma di “coda di topo”, della temperatura giusta e di tutte le altre regole da rispettare per avere un caffè perfetto.

Al MUMAC sono esposte le macchine che hanno fatto la storia, ma i modelli che Maurizio Cimbali porta nel cuore sono due: la Gioiello e la Granluce. «La prima perché ricordo la presentazione fatta alla Fiera Campionaria nel 1950. Ero a fianco di mio padre e fu una grande emozione vedere la macchina presentata all’interno di un enorme portagioie con attorno uno spettacolo di giochi d’acqua. Della Granluce, invece, mi affascina ancora l’originalità del progetto, del fascio di luce che risale la carrozzeria e ne disegna i contorni. Oltre ad essere rivoluzionaria perché equipaggiata con il gruppo idraulico dai noi brevettato che facilita il lavoro del barista grazie all’erogazione completamente automatica».


MUMAC, testimone del settore

Il presidente parla delle sue “creature” col bene e l’affetto che si ha per un parente stretto. È cresciuto tra le macchine da caffè e sin da ragazzo aveva capito che il suo posto non poteva che essere lì, nell’azienda di famiglia: «Ma ho rischiato di non esserci. Mio padre aveva provato a consigliarmi di non entrare in azienda, trovando un’alternativa di lavoro. Era la seconda metà degli anni Sessanta e il clima nelle non era certo dei migliori. Nelle fabbriche era in atto un cambiamento epocale: l’ingresso dei sindacati, l’introduzione dello statuto dei lavoratori, tutte cose non facevano che crescere il clima di incertezza».

Alla fine è riuscito a seguire la strada aperta dal nonno e proseguita dal padre, con la stessa passione, la stessa forza e la stessa voglia di offrire sempre il meglio al mercato. E per farlo, secondo Maurizio Cimbali, la ricetta è una sola: realizzare e concepire il prodotto in azienda. “Da noi è ancora così, il progetto di una macchina, il suo sviluppo, la produzione, la vendita e l’assistenza è tutto e solo “made in Gruppo Cimbali”.
Oggi la famiglia Cimbali è fiera della sua storia e dei suoi brand LaCimbali e Faema, certificazione di un settore che è stato - e lo è ancora - tra i più vivaci e fervidi della nostra economia.
E il MUMAC è lì a testimoniarlo.

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Enrico Maltoni

La prima macchina da caffè la compra su un mercatino: non funziona, ma ne resta affascinato. Da allora dedica la vita a collezionarle e restaurarle. Scrive libri, organizza mostre e grazie all’incontro con Maurizio Cimbali corona un sogno: allestire un museo.

È proprio vero che il primo amore non si scorda mai. Se chiedi a Enrico Maltoni, tra i più grandi collezionisti mondiali di macchine da caffè, qual è quella che ha nel cuore risponde senza esitazioni. «Una Faema Marte degli anni ’50, la prima che ho acquistato».

E da lì è partito tutto.

È il 1988, Maltoni ha 18 anni e lavora in un bar della città dove è nato, Forlimpopoli, e prepara i caffè alla mattina: «La prima macchina che ho avuto fra le mani è stata una Faema E61» ricorda. Come tutti i giovani romagnoli ha la passione dei motori. «Fino a quando a un mercatino di Arezzo sulla bancarella di un antiquario vedo esposta la Faema Marte di cui sopra». È impolverata e non funzionante, ma rimane ugualmente affascinato dalla bellezza di quell’oggetto, con una carrozzeria che ricorda quella di alcune auto d’epoca. E decide di acquistarla.

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Macchine da caffè e documenti

Quel momento a Enrico Maltoni cambia la vita. Tornato a casa decide di restaurarla, ma una volta aperta capisce subito che non riuscirà mai a ripararla: è capace di smontare e rimontare il motore di una moto, ma le macchine per caffè sono decisamente un’altra cosa. Allora si documenta, telefona in azienda, incontra i riparatori della zona che lo aiutano nell’impresa di fare tornare la Marte agli antichi splendori, trasmettendogli una passione per le macchine da caffè senza pari. Intanto le cose cambiano: lui non lavora più al bar ma dirige un paio di negozi di abbigliamento e a casa, a fianco della vecchia Marte, arrivano altri modelli che si procura girando mercatini, antiquariati, magazzini di aziende e cantine di vecchi bar e ristoranti. «In dieci anni ne compro una cinquantina e inizio a capire che, oltre alle macchine, per una collezione completa sono fondamentali anche i documenti ». L’archivio Maltoni oggi conta oltre 25.000 documenti tra disegni, brevetti, dépliant, francobolli, materiale pubblicitario.

Da hobby a lavoro

È il 1999, Maltoni si accorge che l’interesse per la sua collezione cresce e che quello che fino a oggi considera un hobby può trasformarsi in una professione. Crea una rete di collezionisti - non dello stesso settore - di oggetti del Novecento che gli segnalano i pezzi in vendita sui maggiori mercatini in tutta Italia: «Sono i miei informatori, oggi ne ho un migliaio sparsi in tutto il mondo. Ci aiutiamo reciprocamente: io segnalo oggetti di loro interesse che trovo in Italia». Acquista le macchine da caffè, le restaura, le rivende e allestisce una mostra nella sua città che intitola Espresso-Made in Italy. «Rimango colpito dall’interesse che ha suscitato e dal numero dei visitatori e decido di replicare l’esposizione in altre città, sempre con successo. In dieci anni ne sono state allestite 42 e grazie a un finanziamento del ministero degli Esteri le ho organizzate anche fuori dai confini, dal Sudamerica alla Tailandia».

L'incontro con Cimbali e la Missione Mumac

Alla mostra segue un libro con lo stesso titolo, che Maltoni non solo si limita a scrivere. «Nessun editore si era mostrato interessato, così ho deciso di fare tutto da solo: l’ho fatto stampare e pubblicare a mie spese». A oggi ha venduto oltre 9000 copie. Poi, nel 2002, incontra Maurizio Cimbali, presidente del Gruppo. «E grazie a lui ho coronato un sogno: quello di allestire un museo». L’incontro avviene a Parma durante una delle sue mostre. Cimbali lo invita in azienda e, trattandosi di due innamorati delle macchine da caffè, dalle collezioni il discorso vola inevitabilmente sull’idea di realizzare un museo.

Con Maltoni e Cimbali s’incontrano anche le due collezioni personali che oggi danno vita alla più importante raccolta per macchine da caffè del mondo. «Ho sposato subito l’idea di collaborare alla realizzazione del museo perché Maurizio Cimbali ha chiarito che all’interno di MUMAC non si raccontava la storia di un’azienda ma l’evoluzione del costume italiano e di un settore importante della nostra economia. Perché la macchina da caffè espresso è il cuore pulsante di quel palcoscenico naturale che è per noi italiani il bar. È un oggetto che ha fatto e continua a fare la storia del nostro stile di vita ed è stato via via interpretato dai grandi maestri del design come Gio Ponti, Caccia Dominioni, Munari, Sotsass, Zanuso e Giugiaro».

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Ricerca continua

Coronato il sogno, Maltoni non si ferma. Gira ancora il mondo alla ricerca di macchine da caffè con i criteri di sempre: qualità, rarità, originalità. «Ne trovo un centinaio l’anno, alcune le compro per restaurarle e rivenderle». Per farlo ha aperto Officina Maltoni, laboratorio specializzato dedicato al restauro di macchine prodotte dal 1900 al 1960. Design e praticità sono le caratteristiche che Maltoni cerca in un modello: «Esteticamente quelli che preferisco sono La Pavoni DP47, detta la “Cornuta”; la Faema Saturno e LaCimbali Granluce. Mentre trovo che le macchine più pratiche siano la Classica Gaggia, grazie alla quale per la prima volta si ottiene la crema espresso; la Faema E 61 e la Pitagora de LaCimbali».