Pensare al design in relazione a macchine per il caffè genera immediatamente l’associazione con la Pitagora dei fratelli Achille e Pier Giacomo Castiglioni per LaCimbali: la prima e unica macchina per il caffè ad aver vinto il Compasso d’Oro ADI, in quasi settant’anni di vita del premio; ancora oggi vera e propria icona del design perché incorpora le caratteristiche dei prodotti che hanno reso possibile il boom economico nel nostro Paese: l’efficienza produttiva, in primis, sostanziata, per esempio, dall’impiego dell’acciaio inox di ultima generazione, dal rigore geometrico delle forme semplici, dall’utilizzo del colore e della serigrafia.

L’edizione del Compasso d’Oro del 1962, quella della Pitagora, è avvenuta all’apice di un periodo epico – caratterizzato da una crescita media della produttività dell'84%, dal raddoppio dei salari e, in sintesi, dalla visione ottimistica di un futuro migliore reso possibile dall’impegno e dalla capacità di mettersi in gioco e di sperimentare – e altrettanto esemplari sono i progetti premiati in quell’anno dalla giuria composta da Giulio Castelli, Franco Momigliano, Augusto Morello, Bruno Munari, Pininfarina. Oltre alla Pitagora, tra i vincitori troviamo per esempio il televisore Downey, di Marco Zanuso e Richard Sapper per Brion Vega Radio Televisore, non più mobile TV elitario, ma una soluzione a transistor piccola, portatile ed economica per entrare in tutte le case e in tutte le stanze delle famiglie italiane (fra il 1958 e il 1963 quelle dotate di un televisore crescono dal 12 al 49%) e non solo; le sofisticate sperimentazioni dei tessuti per tende JL di Renata Bonfanti, la prima donna a ottenere il Compasso d’Oro e simbolo di una progettazione al femminile che in quegli anni diventa sempre più consapevole.

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La serie di mobili metallici da ufficio Spazio, il progetto di Lodovico Belgiojoso, Enrico Peressuti, Ernesto Nathan Rogers – quei BBPR che pochi anni prima avevano architettato la Torre Velasca di Milano – per Ing. C. Olivetti & C., esempio di modularità geometrica portata al massimo dell’efficienza produttiva e compositiva per soddisfare una società in decisa migrazione dall’agricoltura all’industria e, di lì a poco, al settore dei servizi; oppure i teleindicatori alfanumerici per aeroporti e stazioni ferroviarie di Gino Valle per Solari & C., dimostrazione di perfezione elettromeccanica dal successo planetario in un mondo sempre più in movimento.

Ma perché ha senso oggi guardare a soluzioni degli anni Sessanta? Perché per molti aspetti l’esperienza pandemica contemporanea è assimilabile a quella di una Grande Guerra e la speranza in cui credere, forti dell’eterno ritorno ciclico della storia, di memoria vichiana e niciana, è che nel “post” si possa reagire con la ricostruzione e, soprattutto, con l’avvio di un nuovo miracolo economico. Un nuovo miracolo fatto da imprenditori e designer, realizzato da lavoratori convinti che oggi come negli anni Sessanta ci sia un mondo da ripensare: un miracolo fatto da persone animate dalla fiducia che si possa fare meglio verso uno sviluppo responsabile e sostenibile. Facciamolo!

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